Seguici su
Cerca

L'alluvione del 1960 in Valcamonica

Testimonianze sulla grande alluvione del 1960 in Vallecamonica

Recaldini Giuseppe

Nipote di Recaldini Bernardo era studente in collegio dai Pavoniani (era là anche Bonfadini Delfino)quando fu chiamato dal direttore, che aveva letto la tragedia camuna e della morte di Bernardo ,che gli chiese se conosceva la vittima. Così venne a conoscenza della morte dello zio. Il teste ricorda come Bernardo si prodigò ,negli anni precedenti, con la generosa disponibilità nei confronti della sua famiglia in quanto colpita da numerosi lutti.

Facchini Nadia 

Ricorda che diverse volte suoi famigliari le hanno raccontato un episodio riguardante lo zio Recaldini Bernardo e che le è rimasto impresso nella memoria e cioè che la zia Lina(moglie di Bernardo),quando lei aveva tre anni,le aveva dato una caramella che la stava soffocando e lo zio ,prontamente ,è riuscito a togliergliela dalla bocca.

Menici Battista 

Lui (aveva 28 anni) di Bernardo dice che lavorava per l'EDISON come motorista, che abitava nella sua casa paterna ,che per lui era come un fratello maggiore e che era disponibile con tutti. Racconta poi che quasi all'alba del 17 settembre del 1960 lui , Recaldini e Mattioli Giuseppe di servizio sul posto, sentito il frastuono dovuto al vento e al torrente in piena ,si recarono con una lampada al ponte e notarono subito che il ponte era per metà distrutto e portato via dalla furia dell'acqua ,dei sassi e del fango. Dopo pochi istanti si sono accorti che Bernardo era scomparso e l'hanno chiamato ma inutilmente. Con molta probabilità o è caduto accidentalmente o è stato travolto da una grossa onda del torrente in piena . Venne trovato verso sera vicino alla foce dove il Palobia si immette nell'Oglio da suo cognato Facchini Pierino che vide uno stivale fuoriuscire dal fango, al quale diede un calcio accorgendosi della presenza di un piede. Bernardo era li sepolto sotto i sassi e la melma. Inoltre ricorda che mentre la mattina stessa, con la moto ( galletto) stava recandosi a Breno per avvisare i carabinieri del tragico incidente, lungo la discesa delle Palobie vide il pali della linea telefonica che costeggiava la statale inclinati come in procinto di cadere per cui ,intuendo che tale linea fosse interrotta più avanti, decise di decelerare e poi notò che la strada era franata prima di Brendibusio. I ricordi di quella giornata gli sono rimasti impressi anche perché la sera stessa nacque suo figlio Marco.

Bonfadini Giovanmaria

Lui (di Doro) (aveva 28 anni),Afferma di aver sentito, dalla sua casa di via S.Antonio, un forte rumore venire dal Palobia per cui verso le sei andò a vedere cosa stava succedendo. Vicino alla scuola(oggi municipio) prima dell' argine incontrò Prandini Giovanni (dei Nedai) lo stradino che avvisava i passanti che il ponte era caduto. Nel frattempo dal “prat dè ré” ha controllato se sulla sponda opposta, vicino alla centralina, c'erano ancora delle pietre di granito lavorate e là ammucchiate, ma c'era buio, frastuono e il torrente impetuoso,per cui decise di tornare a casa. Più tardi col chiaro del mattino tornò sul posto,vide quell'alluvione infernale e verificò che i suoi “filetti” non c'erano più e neppure parte del prato dove erano stati depositati. Per tutta la giornata una squadra dell'EDISON ha continuato a cercare Recaldini fino a quando l'hanno trovato verso sera vicino all'Oglio .

Gelmini Sergio 

Aveva 18 anni al tempo della alluvione del 60,riferisce che si trovava in Scalassone e il Palobia ( il ramo che scende dalle Foppe di Braone)in parte era uscito dall'alveo ai ”spiashöi” (a monte di Scalassone)e aveva formato un canale che scendeva veloce in mezzo ai prati. Dice che ,per raggiungere Scalassone dalla strada Braone-Malghe,c'era soltanto un ponticello di legno(quello del Bial Nöf non c'era ancora perché costruito nel 1972-75)che era stato asportato dalla piena. Roberto Turla,giunto da Braone con Cocchi Giacomo riuscì a fatica e con molto rischio ad attraversarlo usufruendo di un abete messosi di traverso(il tronco era sommerso ma dall'acqua impetuosa fuoriuscivano i rami ai quali totè aggrapparsi) , mentre il “Carushi'”, fece il giro dalle “Splase” perché là vi era già il ponte in cemento (costruito nel 1957).Poi afferma che in Scalassone non era successo nulla ai tetti e alle piante, mentre sulla strada della Valpaghera di Ceto trovò il “put del sac” distrutto.

Cocchi Alfredo 

Aveva 18 anni, dice che lavorava a Breno nella panetteria Ragnoli per cui alle 2 di notte inforcò la bicicletta, scese lungo la strada selciata della Prada quando ,arrivato alla statale (c'era un noce a sinistra nell'angolo formato dalle due strade), un lampo ha illuminato la zona e pote vedere che tutta la zona era allagata, tuttavia riteneva di poter continuare il suo viaggio alla volta di Breno. Subito dopo si trovò sul sentiero che scorre lungo la ferrovia e ancora oggi non sa come sia capitato ciò. Ricorda che non c'era nessuno e comunque deve essere tornato indietro fino a raggiungere la strada ferrata, forse in stato confusionale. Dice che non è da escludere che sia stato il suo angelo custode a salvarlo e a farlo tornare indietro fino alla ferrovia. Più avanti, a Brendibusio, ridiscese alla statale e vide il “Pishèn” (Pescarzoli Girolamo) che era indaffarato a far uscire le mucche dalla stalla allagata per lo straripamento del torrente Cobello.

Prandini Rino 

Aveva 15 anni e abitava a Breno, dove ha notato all'alba il disastro dell'Oglio che nella piana di Breno aveva formato un lago(la casa cantoniera era immersa per metà).Dice che sua madre gli ordinò di recarsi in Piazze di Braone per verificare se il padre(era in ferie) avesse avuto dei problemi. Prese la bicicletta e, essendo letteralmente sparita la statale, percorrendo il sentiero della ferrovia raggiunse la strada di Niardo, quindi scese alla statale con la bici in spalle perchè era straripato il torrente Fa depositando detriti e un po' pedalò e un po' portò la bicicletta (erano straripati pure il Re e il Cobello) fino a dopo Brendibusio dove trovò la strada che era scomparsa e vide un'auto col muso dentro l'acqua dell'Oglio. Non potendo proseguire ritornò alla ferrovia e raggiunse la via Valena ,salì verso il paese e notò la grande erosione della sponda destra del Palobia sotto la centralina dell'EDISON ,del “prat del put”e della costa di Vibio. La strada che portava alla sua casa, per almeno 50-60 metri, era franata nel torrente. Vide anche il ponte per metà distrutto. Dopo qualche minuto di smarrimento, prese il sentiero di “Rüna” e percorse la strada di Valpaghera di Ceto dove potè constatare che i tornanti ,dopo i “pucc lonc”, erano pieni di detriti dei torrentelli del versante di Braone(“varséi”).Poi salì dalla “corna dè prédàola e dal” bait del Zóna” e raggiunse Piazze dove trovò il padre spaventato, qualche tetto scoperchiato e alcune piante sradicate a causa della terribile bufera di quella notte. Lui e suo padre,dopo aver salutato Esterino Baruselli, anche lui in Piazze in quel periodo,tornarono a casa dalla strada montana di Braone dove notarono ancora alberi caduti e detriti dei ruscelli, soprattutto all'”Arsèla dè qua dè ré”, sotterrata sotto tonnellate di sassi e di fango.

Giorgi Domenica

Aveva 31 anni e abitava dove abita ora in via Re 1, oltre a ricordare il fragore del torrente, dice che al mattino presto si recò al ponte e vedendolo distrutto, dopo un momento di sconcerto forse per sdrammatizzare, disse a Gioàn dei Nedài lo stradino :”Adesso lo dovrai ricostruire”. Quello si mise a piangere mentre la informava era scomparso nei vortici del Palobia Bernardo Recaldini.

Ulteriori informazioni

Ultimo aggiornamento
13 settembre 2022